lunedì 18 febbraio 2008

Ris. Agenzia delle Entrate 15 febbraio 2008, n. 5/DPF

Ris. Agenzia delle Entrate 15 febbraio 2008, n. 5/DPF
Imposta comunale sugli immobili (ICI). Applicazione dell’art. 8, commi 2-bis e 2-ter del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, alle unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato. Quesito

Con il quesito in oggetto, si vuole conoscere se l’ulteriore detrazione statale, prevista in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI), dai commi 2-bis e 2-ter, dell’art. 8 del D. Lgs. del 30 dicembre 1992, n. 504, introdotti dall’art. 1, comma 5, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, debba o meno applicarsi alle unità immobiliari possedute in Italia dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato.
Al riguardo è opportuno preliminarmente rammentare che per detti contribuenti il comma 4-ter, dell’art. 1 del D. L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, ha espressamente stabilito che “ai fini dell'applicazione ... dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si considera direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata”.
La norma in esame ha determinato, quindi, l’ampliamento del novero degli immobili adibiti ad abitazione principale e la conseguente estensione, attraverso il richiamo all’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, della portata e dell’efficacia del regime fiscale delle detrazioni previsto per l’abitazione principale posseduta dai contribuenti residenti nel territorio dello Stato, anche ai cittadini non residenti in Italia.
Occorre precisare che la disciplina delle detrazioni ICI risulta fortemente innovata a seguito dell’introduzione dell’ulteriore detrazione con oneri a carico del bilancio statale disciplinata dal citato comma 2-bis dell’art. 8, del D.Lgs. n. 504 del 1992, il quale stabilisce che “dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detrae un ulteriore importo pari all’1,33 per mille della base imponibile di cui all’articolo 5, del D. Lgs. n. 504 del 1992”.
Dall’interpretazione logico-sistematica del combinato disposto delle norme appena citate emerge che l’ulteriore detrazione statale trova applicazione generalizzata alle unità immobiliari che risultano adibite ad abitazione principale dal soggetto passivo, tra le quali rientra anche l’unità immobiliare posseduta dal cittadino italiano residente all’estero a condizione che non risulti locata, giacché è la stessa legge ad equipararla espressamente all’abitazione principale.
Né può giungersi a diversa conclusione sulla base della considerazione della mancata integrazione, da parte del legislatore della legge finanziaria per il 2008, dell’art. 1, comma 4-ter, del D.L. n. 16 del 1993 con il richiamo specifico ai commi 2-bis, e 2-ter in esame, dal momento che ogni rinvio a dette disposizioni sarebbe stato, comunque, del tutto superfluo, essendo necessario e sufficiente il solo riferimento al concetto di abitazione principale.
A fondamento del riconoscimento dell’ulteriore detrazione statale anche ai soggetti non residenti in Italia milita anche la circostanza che le norme introdotte in materia di ICI dalla legge n. 244 del 2007 innanzitutto non modificano in alcun modo la nozione di abitazione principale che resta, dunque, fissata dalle norme già esistenti -ed in secondo luogo non recano alcuna limitazione espressa dell’ambito soggettivo di applicazione dell’ulteriore detrazione in esame.
L’unica limitazione di carattere, però, oggettivo si rinviene nel successivo comma 2-ter dell’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, il quale dispone che “l’ulteriore detrazione di cui al comma 2-bis si applica a tutte le abitazioni ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”. La previsione di tale esclusione di carattere oggettivo avvalora ancor più la considerazione di ritenere che l’ambito soggettivo di applicazione della nuova detrazione coincide esattamente con quello della detrazione di base stabilita per l’abitazione principale la cui nozione deve, quindi, ritenersi desumibile sia dall’art. 8, comma 2, del D. Lgs. n. 504 del 1992 e sia dalla norma integrativa dell’art. 1, comma 4-ter del D. L. n. 16 del 1993.

venerdì 15 febbraio 2008

D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, Art. 40, c. 7

D.L. 1° ottobre 2007, n. 159
Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità fiscale

Art. 40
(...)
7. All'articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, l'ultimo periodo del comma 4 è sostituito dal seguente: «Ai fini della determinazione dell'acconto, l'aliquota di cui al comma 3 e la soglia di esenzione di cui al comma 3-bis sono assunte nella misura vigente nell'anno precedente, salvo che la pubblicazione della delibera sia effettuata entro il 31 dicembre precedente l'anno di riferimento.»
(...)

giovedì 14 febbraio 2008

Provv. Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2008, n. 2008/24511

Provv. Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2008, n. 2008/24511
Comunicazione, per via telematica, all’Agenzia delle Entrate, dei dati acquisiti nell’attività di gestione da parte dei soggetti che gestiscono, anche in concessione, il servizio di smaltimento dei rifiuti urbani. Modifiche al provvedimento del 14 dicembre 2007, pubblicato nella G.U. del 28 dicembre 2007 n. 300

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme riportate nel seguito del presente provvedimento,
Dispone:

1. Modifiche al provvedimento del 14 dicembre 2007
1.1. Il punto 5 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 dicembre 2007 è sostituito dal seguente:
5. Termini per le comunicazioni
5.1. Le comunicazioni di cui al punto 2 relative all’anno solare 2007 sono effettuate entro il 31 dicembre 2008.
5.2. Le comunicazioni di cui al punto 2 relative all’anno solare precedente sono effettuate entro il 30 aprile dell’anno solare successivo.
5.3. Le comunicazioni relative agli anni successivi al 2007 sono trasmesse solo in caso di variazione dei dati di cui al tracciato record.

Motivazioni
Il presente provvedimento proroga al 31 dicembre 2008 il termine per la comunicazione dei dati relativi all’anno 2007.
Tale proroga, che modifica il termine fissato al 30 aprile 2008 dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 dicembre 2007, è accordata in considerazione del breve tempo a disposizione dei comuni e delle imprese che gestiscono lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per la comunicazione dei dati relativi all’anno 2007, in quanto il provvedimento, per motivi tecnici di perfezionamento del suo iter, è stato pubblicato in G.U. il 28 dicembre 2007.

Riferimenti normativi
a) Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle Entrate:
Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (art. 57; art. 62; art. 66; art. 67, comma 1; art. 68 comma 1; art. 71, comma 3, lettera a); art. 73, comma 4).
Statuto dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 2001 (art. 5, comma 1; art. 6, comma 1).
Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2001 (art. 2, comma 1).
Decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 12 febbraio 2001.
b) Disciplina normativa di riferimento:
Decreto 31 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 12 agosto 1998.
Decreto del Presidente della Repubblica, 28 dicembre 2000 n. 445 e successive modificazione e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 2001.
Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2003.
Deliberazione dell’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione n. 42 del 13 dicembre 2001, integralmente sostituita dalla deliberazione del Centro Nazionale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione del 19 febbraio 2004 n. 11, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 9 marzo 2004.
Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 16 maggio 2005.
Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 106, 107 e 108.
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 dicembre 2007, pubblicato nella G.U. del 28 dicembre 2007 n. 300.
Il presente provvedimento sarà pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

mercoledì 13 febbraio 2008

Parere Dip. Funzione pubblica UPPA 28 gennaio 2008, n. 6

Parere Dip. Funzione pubblica UPPA 28 gennaio 2008, n. 6
Assunzione di personale a tempo indeterminato mediante scorrimento di graduatoria concorsuale

Si fa riferimento alla nota n. 5866 del 17 dicembre 2007 con la quale codesta amministrazione chiede chiarimenti in ordine alla possibilità di procedere allo scorrimento di una graduatoria vigente per assumere a tempo indeterminato un idoneo, tenuto conto della disponibilità in dotazione organica del profilo corrispondente a quello previsto nel relativo bando.
Nella richiesta di parere in oggetto l’amministrazione, con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, precisa che il posto da ricoprire è stato istituito prima che fosse indetto il concorso e che la procedura selettiva, cui si riferisce la graduatoria, si è conclusa nell’anno 2007. L’assunzione del vincitore è avvenuta nell’agosto dello stesso anno.
Al riguardo, in ordine alla problematica trattata, lo Scrivente è del parere che l’ente possa procedere allo scorrimento della graduatoria de qua, proprio in quanto il posto da ricoprire, resosi disponibile in eccesso a quelli messi a concorso, non risulta di nuova istituzione.
Il divieto di utilizzare graduatorie concorsuali per la copertura di posti istituiti dopo la pubblicazione del bando di concorso e l’approvazione della graduatoria medesima, quale principio consolidato in materia di pubblico impiego, è richiamato dall’art. 9, comma 4, del T.U.E.L. e, nel caso di specie, confermato dal bando del concorso che l’amministrazione ha indetto.
Nella fattispecie, lo si ripete, il posto da ricoprire risultava già presente nella dotazione organica dell’ente alla data di indizione del concorso, e, pertanto, l’amministrazione, nel procedere allo scorrimento della graduatoria, agirebbe nel pieno rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione. E’ evidente come all’attuazione di detti principi il suddetto divieto risulta preordinato ad evitare che, attraverso l’individuazione del titolare prima della creazione del posto da ricoprire, siano istituiti ad personam nuovi posti nella pianta organica dell’amministrazione. Fatta, dunque, salva la possibilità per il Comune di procedere allo scorrimento della graduatoria concorsuale vigente, si precisa che l’assunzione del personale considerato deve avvenire nel rispetto di quanto disposto dall’art. 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
In particolare, il richiamato comma 562 prevede che gli enti locali non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno possono procedere all'assunzione di personale, ivi compreso quello di cui al comma 558, nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno e purché le spese di personale non superino il corrispondente ammontare dell'anno 2004.
In ordine alla disposizione richiamata è opportuno precisare che i presupposti assunzionali previsti dal legislatore risultano concorrenti e non sono alternativi.
Non si tralascia di evidenziare che, con l’art. 3, comma 121, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il comma 562 è stato integrato con nuove disposizioni.
A seguito dell’entrata in vigore della nuova legge finanziaria, in particolare, le amministrazioni interessate possono disporre eventuali deroghe alla disciplina in esame, ai sensi dell’articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e nel rispetto delle seguenti condizioni fissate dal legislatore:
a) che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ridotto del 15 per cento;
b) che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto, ridotto del 20 per cento.
A fronte delle modifiche apportate, è bene evidenziare che il comma 121 introduce disposizioni speciali e derogatorie del comma 562, che, in quanto tali, non risultano suscettibili di interpretazione estensiva.
La deroga consente di superare tanto il tetto di spesa del personale quanto il vincolo di subordinare le assunzioni alle cessazioni dell’anno precedente. Tuttavia è fondamentale il richiamo che il legislatore fa all’articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Il rinvio a tale disposizione, in armonia con la ratio del comma 562, ribadisce l’esigenza di improntare le scelte di politica del personale e quelle occupazionali, espresse nei documenti di programmazione triennale dei fabbisogni, ai principi di riduzione complessiva della spesa per il personale.
Eventuali deroghe ai principi sopra richiamati, che rappresentano i canoni di riferimento imprescindibili nella gestione delle risorse, sono ammissibili solo se analiticamente motivate. A tal proposito rilevano due aspetti certamente qualificanti: la necessità di una motivazione a supporto della deroga e l’esigenza che la stessa sia espressa analiticamente per dare contezza all’esterno delle motivazioni sottese e consentire così ai competenti organi di controllo di esprimere le loro valutazioni al riguardo.
E’ il caso di aggiungere che non può costituire motivazione a supporto della deroga il fatto stesso di non aver avuto cessazioni utili al fine di procedere a nuove assunzioni, in quanto se così fosse si vanificherebbe l’elemento teleologico della disposizione di cui al richiamato comma 562 che è quello di fondare le politiche occupazionali a principi di razionalizzazione e riduzione della spesa.
Si ritiene che le motivazioni debbano essere connesse con indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza debitamente relazionate, nonché, eventualmente, con interventi di potenziamento di servizi all’utenza anch’essi opportunamente rappresentati.
Si evince, da quanto sopra esposto, che il rinvio all’art. 19 comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 induce a ritenere che il rispetto delle condizioni previste dalle lettere a) e b) del comma 562 modificato non implica tout court la possibilità di ricorrere alla deroga dei presupposti assunzionali fissati dal legislatore per gli enti non sottoposti al patto.
Se così fosse, infatti, avremmo una nuova disciplina ordinaria, modificativa e sostitutiva rispetto a quella del comma 562 o semmai a questa alternativa. La volontà del legislatore invece è soltanto di introdurre possibili deroghe alla normativa ordinaria, che continua a rimanere quella prevista dal comma 562, soltanto in caso di situazioni di eccezionalità. Per assicurare il rispetto degli equilibri finanziari, nonché una gestione comunque avveduta e prudente da parte degli enti, sono stati fissati ulteriori confini alle possibilità di deroga che sono quelli scaturenti dal rispetto delle condizioni evidenziate nelle richiamate lettere a) e b) che fissano parametri riconducibili rispettivamente alle dinamiche generali della spesa del personale ed a quelle di razionale dimensionamento degli organici rapportato al personale in servizio.
Ciò posto, alla luce delle osservazioni formulate, l’amministrazione può procedere allo scorrimento della graduatoria precedentemente approvata ai fini dell’assunzione del personale considerato, nel rispetto delle condizioni e della normativa richiamata.

martedì 12 febbraio 2008

Del. Corte dei conti, Sez. regionale di controllo della Sardegna, 23 gennaio 2008, n. 3

Del. Corte dei conti, Sez. regionale di controllo della Sardegna, 23 gennaio 2008, n. 3
Diritti di rogito - Vicesegretari - Limite di 1/3 della retribuzione annuale

1. P R E M E S S O
Il Segretario Generale del Comune di Selargius a mezzo nota prot. n. 5717 del 28.2.2007 aveva richiesto un parere, senza richiamare l’art.7, c.8, della legge n. 131 del 2003, sulla corretta procedura di ripartizione e di calcolo dell’indennità da corrispondere al vice Segretario generale ai sensi dell’art. 11 CCNL del 9. 5.2006 per l’attività di rogito da questi direttamente svolta.
La Sezione, con parere n. 6/2007, dichiarava la questione inammissibile sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo oggettivo.
La questione è stata riproposta dal Sindaco del Comune di Selargius per il tramite del Consiglio delle Autonomie locali che – con deliberazione n. 17 in data 6.12.2007 dell’Ufficio di Presidenza – ha dichiarato inammissibile la questione.

QUESTIONI PRELIMINARI
a) ammissibilità soggettiva
1.La Sezione, nel precedente parere in termini n. 6/2007, ha chiarito esaustivamente i profili di ammissibilità soggettiva di accesso alla funzione consultiva della Sezione di Controllo della Corte dei Conti.
1.1.La riproposizione della questione, a firma del Sindaco del Comune e per il tramite del Consiglio delle Autonomie locali, pone la questione prospettata sul piano della collaborazione istituzionale attuando la ratio di cui all’art. 7, c. 8, della n. 131 del 2003 relativamente alla funzione consultiva della Sezione di Controllo della Corte dei Conti.
2. La richiesta in oggetto è quindi ammissibile sotto il profilo soggettivo perché proviene dal Sindaco del Comune di Selargius, autorità istituzionale costituzionalmente equiordinata agli altri organi della Repubblica e rappresentativa degli interessi esponenziali della Comunità, e come tale organo titolato a richiedere l’ausilio istituzionale della Sezione della Corte dei Conti.
b) ammissibilità oggettiva
3. In relazione alla valutazione di inammissibilità oggettiva di cui alla deliberazione n. 17/2007 adottata in data 6.12.2007 dal Consiglio delle Autonomie locali, come anche correttamente rappresentato in delibera, va ricordato che secondo costante giurisprudenza la valutazione del Consiglio delle Autonomie Locali non vincola la Sezione.
3.1. Infatti i profili di valutazione giuridica della questione sottoposta alla Sezione (su tutti la rilevanza della questione nell’ambito della contabilità pubblica) attengono ai limiti interni della funzione consultiva, come tali di esclusiva competenza della Sezione; laddove al Consiglio delle Autonomie locali compete una valutazione di tipo politico-istituzionale (limiti esterni della funzione consultiva) sulla rilevanza istituzionale della questione per il sistema delle autonomie locali.
3.2. Inoltre il Consiglio richiama il precedente parere della Sezione che censurava anche un profilo di inammissibilità oggettiva della richiesta del parere.
3.3. Nel merito si evidenzia che la riproposizione della questione in termini generali ed astratti sana i rilievi di inammissibilità oggettiva evidenziati nel citato precedente parere.
3.4. Nel verbale richiamato in premessa il Consiglio delle Autonomie locali dichiara inammissibile la richiesta di parere trasmessa dal Sindaco di Selargius poiché la questione proposta non sarebbe attinente alla materia della contabilità pubblica ma ad istituti amministrativi di natura retributiva.
3.4.1. Sul punto si richiama la precedente parere n. 13/2007 di questa Sezione per riaffermare il principio secondo il quale è materia di contabilità pubblica (quindi di competenza della Sezione di controllo della Corte dei Conti) la verifica della legittimità dei presupposti e dei criteri interpretativi dell’erogazione di compensi a carico della finanza pubblica, tanto più quando dalla soluzione delle questioni rappresentate possono emergere effetti differenziati a carico delle finanze dell’Ente.
3.5. La questione in oggetto è inoltre rilevante per la Comunità di Selargius, nei termini rappresentati dal Sindaco pro-tempore.
3.5.1. La Sezione, in questo caso, è chiamata ad una valutazione di sussistenza di un prevalente interesse istituzionale all’espressione del richiesto parere con conseguente superamento della questione preliminare in ordine alla rilevanza.
3.6. La Sezione rileva sussistente tale interesse anche nella considerazione della sussistenza di oggettivi dubbi interpretativi sull’attuazione della normativa e del contratto collettivo nazionale relativamente all’attribuzione dei diritti di rogito.
3.7. Pertanto, in relazione a quanto sopra, la Sezione ritiene ammissibile la questione sotto l’aspetto oggettivo.

FATTO E DIRITTO
4. Il Sindaco del Comune di Selargius richiede un parere in materia di interpretazione della normativa relativa ai compensi al Segretario Comunale per diritti di rogito di cui all’art. 21 del D.P.R. 4 dicembre 1997, n° 465, in relazione all’art. 11 del C.C.N.L. del 9.5.2006 che riconosce il compenso per i diritti di rogito anche al personale incaricato delle funzioni di Vice Segretario “per gli adempimenti posti in essere nei periodi di assenza o di impedimento del Segretario Comunale, titolare della relativa funzione”, specificamente in ordine ai criteri di ripartizione dei diritti di rogito tra Segretario generale e vice Segretario generale su base annua, atteso che l’importo massimo erogabile annualmente dall’Ente al Segretario Generale è pari ad 1/3 dello stipendio in godimento del Segretario a norma dell’art. 41, comma 4°, della Legge n° 312/1980, e che al vice Segretario compete una quota “in relazione al periodo di effettiva sostituzione”.
4.1. L’art. 41, c.4, della L. 11-7-1980 n. 312 stabilisce che il 75% dei diritti di rogito competono al Segretario comunale fino ad un massimo di un terzo dello stipendio in godimento. L’ art. 11 del CCNL del comparto autonomie locali sottoscritto in data 9.5.2006 riconosce il medesimo compenso al personale incaricato delle funzioni di vice - segretario, per gli adempimenti posti in essere nei periodi di assenza o di impedimento del segretario comunale e provinciale titolare della relativa funzione.
4.2. Per quanto di interesse di questa Sezione, ai fini della tutela dell’interesse pubblico della Comunità e degli interessi dell’amministrazione, l’Ente dovrà corrispondere l’indennità in oggetto entro i limiti specificati nel seguente p. 4.3.
4.3. La richiesta di parere, circoscritta ai termini così enunciati, presuppone a sua volta due ordini di questioni preliminari così sintetizzabili:
se il limite massimo di un terzo dello stipendio debba essere riferito, quale parametro oggettivo del compenso, allo stipendio del Segretario generale sostituito, ovvero se esso debba riferirsi allo stipendio del vice Segretario generale sostituto ed effettivamente rogante;
se lo stipendio, come sopra considerato, debba essere quello effettivamente maturato dal soggetto rogante all’epoca della (o delle) sostituzioni, ovvero quello tabellare.
Per il primo dei due preliminari quesiti, sembra alla Sezione che, pur considerata l’oggettiva unicità della funzione rogante, il carattere non puntualmente corrispettivo del compenso – così come stabilito dall’art. 41, comma 3, della legge n. 312 del 1980 cit. – comporti conseguentemente una configurazione rispondente ad una natura indubbiamente indennitaria. Siffatta natura indennitaria fa sì che, nella determinazione del compenso, possa prescindersi dalla possibile non coincidenza del parametro stipendiale di riferimento a seconda che risulti rogante il Segretario comunale o, in assenza, il suo sostituto, alla condizione che venga rispettato il criterio della ragionevole remunerazione della qualità e quantità di lavoro professionale svolto, pur nella sopra enunciata unità della funzione. Conseguentemente, il limite di 1/3 dello stipendio dovrà essere calcolato, in caso di sostituzione, sulla remunerazione annuale onnicomprensiva tabellare maturata dal sostituto. Per quanto concerne, poi, il secondo dei quesiti preliminari con riferimento allo stipendio annuo tabellare, si ritiene qui di recepire l’orientamento della giurisprudenza amministrativa fondata sulla considerazione che, nel computo, non possa tenersi in considerazione la retribuzione in dodicesimi, percepita dal dipendente in relazione all’attività di servizio effettivamente prestata. Ciò perché la limitazione in parola, sussistente in base all’art. 41, della legge 8 giugno 1962, n. 604, non è stata riprodotta nel testo dell’art. 41, della legge n. 312 del 1980 e la parola “stipendio” contenuta in quest’ultima norma va intesa come stipendio annuo e, pertanto, come retribuzione teorica e non come retribuzione effettivamente percepita e ragguagliata al periodo di servizio prestato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18.4.1996, n. 491).
Risolte con tali interpretazioni le questioni preliminari e, quindi, il significato della terminologia contrattuale di cui all’art. 11, comma 4, del CCNL del comparto autonomie locali, laddove questa introduce la formula “in godimento” senza, peraltro che quest’ultima possa essere interpretata in contrasto con quella apparentemente diversa di “stipendio spettante” contenuta nella norma richiamata, in virtù dell’insuperabilità del principio di gerarchia delle fonti, occorre esprimere il richiesto parere in ordine ai criteri di ripartizione del compenso tra il Segretario comunale ed il vice Segretario comunale, in rapporto ai periodi di sostituzione e su base annua. Tenuto conto dei rispettivi limiti massimi di corresponsione dell’indennità e considerato che l’intervento del sostituto nel rogito degli atti presuppone l’assenza o impedimento del titolare sostituito, in un contesto continuativo ed unitario della funzione rogante, la quantificazione e redistribuzione tra gli aventi titolo del 75% dei diritti di rogito potrà trovare esito a consuntivo annuale, in rapporto all’intero periodo di supplenza svolto e nei limiti stipendiali delineati nella risposta al quesito preliminare sub b, con esclusione di ulteriori voci stipendiali.

PQM

La Sezione, in relazione a quanto esposto in considerato, dichiara ammissibile la richiesta di parere in oggetto.
Nelle suesposte considerazioni ed osservazioni è il parere della Sezione del Controllo della Corte dei Conti della Sardegna.
(...)

lunedì 11 febbraio 2008

Del. Corte dei conti, Sez. regionale di controllo per il Veneto, 10 gennaio 2008, n. 2

Del. Corte dei conti, Sez. regionale di controllo per il Veneto, 10 gennaio 2008, n. 2

(...)
Nell’adunanza del 10 gennaio 2008, composta da:
Bruno PROTA Presidente
Aldo CARLESCHI Consigliere
Elena BRANDOLINI Referendario Relatore
Alberto RIGONI Referendario
VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;
VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;
VISTO il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti con il quale è stata istituita in ogni Regione ad autonomia ordinaria una Sezione regionale di controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000;
VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131 recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, in particolare l’art. 7, comma 8°;
VISTI gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvato dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza
del 27 aprile 2004;
VISTA la richiesta di parere inoltrata dal Sindaco del Comune di Falcade (BL) in data 16/11/2007, qui pervenuta in data 22 novembre 2007 ed acquisita al prot. n. 8780/9;
VISTA l’ordinanza n. 2/2008/Cons. del 9 gennaio 2008 con la quale il Presidente di questa Sezione di controllo ha convocato la Sezione per l’odierna seduta;
UDITA la relazione magistrato relatore Referendario Elena BRANDOLINI;

FATTO
Con nota prot. n. 10895 del 16.11.2007, acquisita agli atti in data 22 novembre 2007 prot. n. 8780/9, il Sindaco del Comune di Falcade (BL) ha inoltrato ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 05.06.2003, n. 131, a questa Sezione di controllo, una richiesta di parere in materia di contenimento della spesa per il personale per la salvaguardia degli obiettivi di finanza pubblica.

FATTO
Il Sindaco del Comune di Falcade (BL) ha inoltrato a questa Sezione di controllo una richiesta di parere volto ad ottenere una risoluzione definitiva in merito alla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 16 del CCNL di comparto del 22 gennaio 2004 in relazione alla indennità di vigilanza.
Nello specifico, la questione sottoposta dal Sindaco del Comune di Falcade inerisce alla individuazione dei soggetti a cui deve essere corrisposta detta indennità in considerazione del fatto che l’art. 16 del CCNL di comparto del 22.01.2004 dispone in merito alla corresponsione della predetta indennità nei confronti del “personale dell’area di vigilanza non svolgente le funzioni di cui all’art. 5 della L. n. 65/86”, la giurisprudenza dei tribunali amministrativi regionali costantemente afferma la non spettanza della indennità de qua nei confronti dei tecnici comunali che espletano attività di vigilanza edilizia, ritenendo che tale trattamento sia riservato solo a formali qualifiche funzionali di inquadramento e che, da ultimo, nel 2003, invece il Consiglio di Stato, con sentenza n. 7232, abbia ritenuto, che “secondo indirizzi della Corte di Cassazione cui si richiama parte appellante nell’atto introduttivo di questa fase di giudizio, ribaditi in modo vincolante nel caso di specie con dichiarazione del competente Procuratore della Repubblica (cfr. nota del 30 dicembre 1989 n. 1024/89) e secondo il dato testuale dell’art. 26, quarto comma lett. f), del DPR 347/1983 non appare dubbia la spettanza ai dipendenti degli uffici tecnici comunali chiamati ad accertare violazioni in materia edilizia della indennità di vigilanza in relazione alla riconosciuta qualità di ufficiali di polizia giudiziaria”.
Nel formulare il richiesto parere, il Sindaco fa, altresì, presente che, in considerazione di quanto sopra rappresentato, la suddetta indennità debba essere riconosciuta e corrisposta anche in riferimento alle annualità pregresse, salvo le prescrizioni quinquennali.

DIRITTO
La disamina dei contenuti della nota all’esame ne qualifica la natura di richiesta di parere ex art. 7 comma 8°, della legge 5 giugno 2003, n. 131 e ne evidenzia l’ammissibilità sia sotto il profilo soggettivo della legittimazione, in quanto proveniente dal Sindaco del Comune richiedente, che sotto quello oggettivo della richiesta per la sua attinenza alla materia della contabilità pubblica e, più specificatamente, al contenimento della spesa per il personale per la salvaguardia degli obiettivi di finanza pubblica.
Ciò premesso, esaminata la normativa di riferimento, la Sezione esprime il seguente avviso:
la legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale (L. n. 65/85) stabilisce la spettanza della indennità di vigilanza esclusivamente per il personale formalmente inserito nell’area di vigilanza per l’esercizio delle funzioni (artt. 5 e 10) di polizia giudiziaria, di polizia stradale, nonché delle funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza espletate dal personale addetto al servizio di polizia municipale, al quale il Prefetto abbia attribuito la qualità di “agente di pubblica sicurezza”, dopo l’accertamento del possesso dei requisiti richiesti. Il successivo D.P.R. n. 268 del 13 maggio 1987, recante “Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del personale degli enti locali”, all’art. 34, 1° co. lett. a), ha stabilito un’indennità annua lorda in favore del personale dell’area di vigilanza svolgente le funzioni di cui agli artt. 5 e 10 della L. 65/86, nonché un’indennità annua lorda spettante al restante personale dell’area di vigilanza cui non fosse demandato l’esercizio delle menzionate funzioni, stabilendo anche la corresponsione di una indennità di importo diverso.
Come rilevato anche dalla giurisprudenza di merito, la norma ha operato, all’interno dei soggetti addetti all’area di vigilanza, un distinguo tra coloro che svolgono le funzioni di cui agli artt. 5 e 10 L. 65/86 ed il restante personale che tali funzioni non espleta. Anche se l’art. 47 C.C.N.L. al comma 1, lett. v), in attuazione dell’art. 72, comma 1, del D.lgs. n. 29/93, ha previsto espressamente la inapplicabilità della lett. a) dell’art. 34 D.P.R. n. 268/1987, la ripartizione in ordine alla spettanza dell’indennità de quo è stata mantenuta e riproposta anche dall’art. 37 del C.C.N.L. del 1995 che alla lett. b) riconosce detta indennità non solo al “personale dell’area di vigilanza (….) in possesso dei requisiti e per l’esercizio delle funzioni di cui all’art. 5 della L. n. 65/86” ma anche “al restante personale dell’are di vigilanza non svolgente le funzioni di cui all’art. 5 della citata legge”.
Anche i contratti collettivi (quadriennio normativo 2002-2005) hanno mantenuto sostanzialmente (art. 16) la distinzione tra personale (in possesso dei requisiti richiesti) svolgente le funzioni di cui all’art. 5 L. 65/86 e quello che, pur appartenendo all’area di vigilanza, non svolge le funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, nonché di pubblica sicurezza e le novità introdotte in materia di contrattazione hanno riguardato esclusivamente il quantum dell’indennità spettante.
L’analisi, quindi, del quadro normativo di riferimento, evidenzia come lo stesso legislatore abbia espressamente individuato i soggetti a cui detta indennità debba essere corrisposta ovvero: coloro che sono formalmente incardinati nell’Area di Vigilanza. All’interno di quest’ultima, poi, la norma, opera l’ulteriore distinguo tra:
a) il personale che svolge funzioni reali di vigilanza e cioè funzioni operative (personale di polizia municipale svolgente funzioni di polizia giudiziaria, servizio di polizia stradale, funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza) al quale sia stata formalmente attribuita la qualifica di “agente di pubblica sicurezza”,
b) il restante personale formalmente appartenente all’area di vigilanza ma privo della suddetta qualifica.
La differenza fra le due categorie risieda solo nell’importo da corrispondere. Diversamente, non avrebbe senso, il dato testuale del secondo comma dell’articolo “per il restante personale dell’area di vigilanza che non svolge le funzioni di cui all’art. 5 della legge n. 65/86, l’indennità è incrementata di euro 25,00 lordi per dodici mensilità”.
Ne consegue che l’indennità di cui si discute non può essere corrisposta a soggetti appartenenti a settori diversi da quello tipico dell’Area di Vigilanza.
La menzionata sentenza del Consiglio di Stato (la n. 7232 del 2003) non rileva in quanto decide su una fattispecie diversa ovvero la mancata copertura della spesa e solo incidentalmente tocca la questione della indennità di vigilanza, senza tuttavia esprimersi in merito all’aspetto sostanziale della vicenda.

PQM

La Sezione regionale di controllo per il Veneto rende il proprio avviso nei termini di cui in parte motiva.
Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura del Direttore della segreteria, al Sindaco dell’amministrazione interessata.
Così deliberato in Venezia, nella Camera di Consiglio del 10 gennaio 2008.
(...)
Depositato in Segreteria il 16 gennaio 2008
(...)

venerdì 8 febbraio 2008

L. 24 dicembre 2007, n. 244 - Art. 3, cc. 19-23

L. 24 dicembre 2007, n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)

Art. 3
(...)
19. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi. Le clausole compromissorie ovvero i compromessi comunque sottoscritti sono nulli e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti.
20. Le disposizioni di cui al comma 19 si estendono alle società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente dalle pubbliche amministrazioni di cui al medesimo comma, nonché agli enti pubblici economici ed alle società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente da questi ultimi.
21. Relativamente ai contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi già sottoscritti dalle amministrazioni alla data di entrata in vigore della presente legge e per le cui controversie i relativi collegi arbitrali non si sono ancora costituiti alla data del 30 settembre 2007, è fatto obbligo ai soggetti di cui ai commi 19 e 20 di declinare la competenza arbitrale, ove tale facoltà sia prevista nelle clausole arbitrali inserite nei predetti contratti; dalla data della relativa comunicazione opera esclusivamente la giurisdizione ordinaria. I collegi arbitrali, eventualmente costituiti successivamente al 30 settembre 2007 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge, decadono automaticamente e le relative spese restano integralmente compensate tra le parti.
22. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro delle infrastrutture ed il Ministro della giustizia, provvede annualmente a determinare con decreto i risparmi conseguiti per effetto dell’applicazione delle disposizioni dei commi da 19 a 23 affinché siano corrispondentemente ridotti gli stanziamenti, le assegnazioni ed i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato e le relative risorse siano riassegnate al Ministero della giustizia per il miglioramento del relativo servizio. Il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette annualmente al Parlamento ed alla Corte dei conti una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni dei commi da 19 a 23.
23. All’articolo 240 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 15 è inserito il seguente: «15-bis. Qualora i termini di cui al comma 5 e al comma 13 non siano rispettati a causa di ritardi negli adempimenti del responsabile del procedimento ovvero della commissione, il primo risponde sia sul piano disciplinare, sia a titolo di danno erariale, e la seconda perde qualsivoglia diritto al compenso di cui al comma 10».
(...)

giovedì 7 febbraio 2008

Circ. INPDAP 21 gennaio 2008, n. 3

Circ. INPDAP 21 gennaio 2008, n. 3
Legge 24/12/2007, n. 244 (FINANZIARIA 2008) e decreto-legge 31/12/2007, n. 248
La presente nota operativa ha lo scopo di portare a conoscenza delle sedi le disposizioni contenute nella legge 24 dicembre 2007, n. 244, pubblicata nel S.O. Alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2007, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)” e nel DECRETO-LEGGE 31 dicembre 2007, n. 248, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2007, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, che hanno riflessi sui trattamenti pensionistici erogati da questo Istituto nonché sugli adempimenti contributivi a carico dei datori di lavoro iscritti. Si fa riserva di fornire eventuali successive direttive e/o approfondimenti su specifici argomenti, nel caso in cui se ne dovesse ravvisare la necessità.

A) Disposizioni della legge finanziaria 2008

1) applicazione delle detrazioni riconosciute ai titolari di redditi da pensione anche ai percettori di assegni periodici (articolo 1, comma 11).

Per effetto delle modificazioni apportate all’art. 13 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, ai coniugi che percepiscono assegni periodici a seguito di separazione legale ed effettiva, scioglimento o annullamento del matrimonio ovvero cessazione degli effetti civili dello stesso, viene attribuita, fin dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, una detrazione pari a quella attualmente prevista nel caso in cui alla formazione del reddito complessivo concorrano redditi da pensione. La detrazione in questione non è rapportata ad anno in quanto non correlata ad alcuna attività (vanno quindi sempre corrisposte in misura intera); non possono comunque essere cumulate, per lo stesso periodo, con quelle spettanti per i redditi da lavoro dipendente e assimilati e di pensione. In concreto, la detrazione IRPEF è pari a:
a) € 1.725, se il reddito complessivo non supera € 7.500. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può comunque essere inferiore a € 690;
b) € 1.255, aumentata del prodotto tra € 470 e l’importo corrispondente al rapporto tra € 15.000, diminuito del reddito complessivo, e € 7.500, se il reddito complessivo è superiore a € 7.500 ma non a € 15.000;
c) € 1.255, se il reddito complessivo è superiore a € 15.000 ma non a € 55.000. In tal caso la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di € 55.000, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di € 40.000.

2) ulteriori detrazioni per le famiglie numerose (articolo 1, comma 15)
A seguito delle modificazioni introdotte all’art. 12 del TUIR, in presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta una ulteriore detrazione per carichi di famiglia pari a € 1.200. Detta detrazione compete dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 ed è ripartita nella misura del 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati; in caso di separazione, ovvero annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta ai genitori in proporzione all’affidamento stabilito dal giudice. Qualora il coniuge sia fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione compete, per l’intero importo, a quest’ultimo. Inoltre, se la detrazione è superiore all’imposta netta, è riconosciuto un credito pari alla quota di detrazione eccedente l’imposta. Con decreto del Ministro dell’economia e finanze, di concerto con il Ministro delle politiche per la famiglia, saranno definite le modalità di erogazione del predetto ammontare. Per il calcolo delle detrazioni per carichi di famiglia, il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’abitazione principale e delle sue pertinenze.
Per completezza di informazione, si riportano le precisazioni fornite al riguardo dall’Agenzia delle entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso con circolare n. 1/E del 9 gennaio c.m.:
- l’ulteriore detrazione non spetta per ciascun figlio ma deve intendersi come bonus complessivo e unitario a beneficio della famiglia numerosa, che pertanto non aumenta in presenza di un numero di figli superiore a quattro;
- i criteri di ripartizione indicati dalla norma non possono essere modificati sulla base di accordi intercorsi tra i genitori, diversamente da quanto previsto dall’articolo 12 del TUIR con riferimento alle detrazioni ordinarie per i figli a carico;
- l’ulteriore detrazione per i figli a carico trova applicazione nell’intera misura, anche se la condizione richiesta dalla norma, dell’esistenza di almeno quattro figli a carico, sussiste solo per una parte dell’anno. Ne deriva che l’ulteriore detrazione per i figli a carico trova applicazione senza necessità di effettuare il ragguaglio al periodo dell’anno in cui si verifica l’evento che dà diritto alla detrazione stessa;
- il beneficio previsto in presenza di quattro o più figli costituisce una “ulteriore detrazione” che va, pertanto, ad aggiungersi a quelle ordinarie già previste dal comma 1 dello stesso articolo 12. Ne deriva che l’ulteriore detrazione di € 1.200 è fruibile soltanto se sono applicabili le ordinarie detrazioni per i figli a carico; sussistendo tale condizione, la detrazione di € 1.200 spetta in misura piena e non è influenzata dal livello di reddito del beneficiario;
- poiché la nuova detrazione si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, in sede di conguaglio dei redditi erogati nel 2007 e sulla base dei dati in possesso relativi al numero dei figli, il sostituto d’imposta è tenuto a riconoscere l’ulteriore detrazione.

3) semplificazione della dichiarazione annuale (art. 1, commi 121, 122, 123)
Il comma 121 dell’ art. 1 in commento ha aggiunto nel testo del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo l’art. 44, l’art. 44 bis.
Tale norma ha dettato nuove previsioni per la semplificazione della dichiarazione annuale presentata dai sostituti di imposta tenuti al rilascio della certificazione di cui all’ art. 4, commi 6 ter e 6 quater, del regolamento di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 e successive modifiche e integrazioni.
In particolare gli anzidetti sostituti di imposta, a partire dalle retribuzioni corrisposte con riferimento al mese di gennaio 2009, dovranno, direttamente o tramite gli incaricati di cui all’art. 3, commi 2 bis e 3, del citato D.P.R., trasmettere mensilmente in via telematica tutti i dati retributivi nonché le informazioni necessarie per il calcolo delle ritenute fiscali e dei relativi conguagli, per il calcolo dei contributi, per l’implementazione delle posizioni assicurative individuali e per l’erogazione delle prestazioni. Tale dichiarazione deve essere presentata entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento.
Nel comma 122, il legislatore ha previsto l’emanazione di un successivo decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanarsi di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, mediante il quale verranno definite le modalità di attuazione delle disposizioni previste nel citato comma 121, nonché le modalità per la condivisione dei dati tra l’Inps, l’Inpdap e l’Agenzia delle Entrate. Infine, nel comma 123 è stato previsto che il decreto di cui al comma 122 dovrà contenere previsioni per la semplificazione ed armonizzazione di tutti gli adempimenti relativi alla certificazione di cui all’ art. 4 del D.P.R. n. 322 del 1998, in ottemperanza a specifici criteri.
In sintesi, a decorrere dal 1° gennaio 2009 la dichiarazione mensile analitica (D.M.A.), introdotta dal decreto legge n. 269/2003, verrà sostituita dal modello 770, che consentirà la trasmissione dei dati fiscali e contributivi mediante flussi unificati con periodicità mensile. La trasmissione inoltre dovrà avvenire mediante un unico canale telematico.

4) determinazione del reddito da lavoro dipendente (art. 1, comma 197, lettera b)
La disposizione richiamata ha modificato l'art. 51, comma 2, lettera a), del D.P.R. n. 917/86 (TUIR), in materia di determinazione del reddito da lavoro dipendente.
In particolare, la novellata lettera a) conferma che i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro ovvero dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge non rientrano nel novero dei redditi da lavoro dipendente.
La disposizione prevede altresì che i contributi di assistenza sanitaria, versati dal datore di lavoro o dal lavoratore, ad Enti o Casse che hanno fine esclusivamente assistenziale non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente fino all’ importo di €. 3.615,20.
Tale modifica ha inciso sulla precedente normativa, abrogando i massimali di importo, diversificati per anno, con l’indicazione di un importo massimo di €. 3.615,20, che non concorre a formare il reddito imponibile.

5) stanziamento per rideterminare l’importo dell’assegno per taluni nuclei familiari (articolo 1, comma 200)
Apposito decreto interministeriale, da emanarsi entro il mese di febbraio 2008, provvederà a rideterminare i livelli di reddito e gli assegni per i nuclei familiari con almeno un componente inabile nonché per i nuclei orfanili (vale a dire quelli in cui sono deceduti ambedue i genitori).

6) differimento del termine di presentazione del modello 770 (art.1, comma 217)
Il comma in esame, innovando la disciplina di cui all’art. 4, comma 4 bis, del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, ha previsto un differimento della tempistica di presentazione della dichiarazione annuale ai fini fiscali e previdenziali (contenuta nel modello 770), che deve avvenire entro il 31 luglio e non più entro il 31 marzo.

7) presentazione della dichiarazione per beneficiare delle detrazioni (articolo 1, comma 221)
La disposizione contenuta nel comma in esame modifica l’art. 23 del D.P.R. Del 29 settembre 1973, n. 600 e dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2008 il richiedente l’attribuzione delle detrazioni per lavoro dipendente e/o quelle per carichi di famiglia ( artt. 12 e 13 del TUIR) deve presentare annualmente apposita domanda con la quale dichiari di averne diritto, indichi le condizioni di spettanza nonché il codice fiscale dei soggetti per i quali si intende usufruire delle detrazioni. Precedentemente, invece, la dichiarazione acquisita valeva anche per gli anni successivi ed in capo al richiedente incombeva l’obbligo di comunicare soltanto le eventuali variazioni che avessero inciso nella misura/importo delle detrazioni spettanti.

8) limiti al collocamento in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato elettivo a livello locale (art. 2, comma 24, lett. a e b)
• Al fine dell’espletamento delle cariche elettive a livello locale, previsto dall’art. 81, comma 1, del dlgs. 267/2000, il diritto all’aspettativa non retribuita spettante ai lavoratori dipendenti è limitato ad una testuale elencazione di amministratori locali, che sostituisce quella più ampia contenuta nell’art. 77 del medesimo decreto legislativo. In particolare hanno diritto all’aspettativa non retribuita le seguenti cariche elettive: sindaci, presidenti di province, presidenti di consigli comunali e provinciali, presidenti di consigli circoscrizionali di aree metropolitane, presidenti di comunità montane e di unioni di comuni, nonché membri di giunte comunali e provinciali, con conseguente versamento degli oneri contributivi a carico dell’amministrazione locale ove viene espletato il mandato.
• I consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, nonché i consiglieri delle comunità montane possono parimenti essere collocati in aspettativa non retribuita per l’intero periodo di espletamento del mandato, ma in tali ipotesi il collocamento in aspettativa comporta l’assunzione a carico del lavoratore eletto consigliere dell’obbligo dell’intero versamento degli oneri contributivi, e, quindi, sia della quota a carico del datore di lavoro che di quella a carico del dipendente, oltre che di ogni altro obbligo previsto dall’art. 86 del citato T.U.E.L.

9) trattamento economico delle Forze di Polizia e dei Vigili del fuoco (articolo 2, comma 91)
A decorrere dal 1° febbraio 2008 il trattamento economico fondamentale e accessorio relativo alla posizione di comando del personale appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è a carico delle Amministrazioni utilizzatrici il personale stesso.

10) estensione alle vittime della criminalità organizzata e del dovere di alcuni benefici già previsti per le vittime del terrorismo (articolo 2, comma 105)
A decorrere dal 1° gennaio 2008 alle vittime della criminalità organizzata (ex art. 1 delle legge n. 302 del 20 ottobre 1990, e successive modificazioni), alle vittime del dovere (ex art. 1, commi 563 e 564, della legge n. 266 del 23 dicembre 2005) ed ai sindaci vittime di atti criminali nell’ambito dell’espletamento delle loro funzioni, e ai loro familiari superstiti, sono erogati i benefici di cui all’art. 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come novellato dal successivo comma 106 della legge finanziaria 2008. A detti soggetti spetta, pertanto, oltre alla elargizione prevista dal primo comma del riferito articolo 5, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile; in caso di decesso degli stessi, ai superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità sono attribuite due annualità, comprensive della tredicesima mensilità, del suddetto trattamento pensionistico, limitatamente al coniuge superstite, ai figli minori, ai figli maggiorenni, ai genitori e ai fratelli e alle sorelle, se conviventi e a carico. Si tratta di benefici che non sono erogati da questo Istituto.

11) modificazione delle modalità di calcolo della pensione alle vittime del terrorismo – riconoscimento dell’assegno vitalizio ai figli maggiorenni superstiti – spesa per medicinali fascia C) a carico del SSN – eventi verificatisi all’estero (articolo 2, comma 106)
L’articolo 4, comma 2, della ripetuta legge n. 206/2004 è modificato in tal senso: “ A tutti coloro che hanno subito un’invalidità permanente pari o superiore all’ 80 per cento della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, è riconosciuto il diritto immediato alla pensione diretta, in misura pari all’ultima retribuzione percepita integralmente dall’avente diritto…….”. In attuazione di detta disposizione le sedi dovranno riliquidare le pensioni di tale tipologia attualmente in pagamento, riconoscendo le differenze economiche dal 1° gennaio c.a.
All’art. 5, comma 2, della legge n. 206/2004 è inoltre aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni .” Per completezza d’informazione, si fa presente che l’assegno vitalizio, non reversibile, soggetto, fra l’altro, alla perequazione automatica di cui all’art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, non è erogato da questo Istituto.
All’art. 9, comma 1, della legge n. 206 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: ”Ai medesimi soggetti è esteso il beneficio di cui all’articolo 1 della legge 19 luglio 2000, n. 03.” Con detta disposizione ai soggetti interessati sono erogabili, a totale carico del Servizio sanitario nazionale, i medicinali attualmente classificati nella classe C), di cui al comma 10 dell’art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nei casi in cui il medico di base ne attesti la comprovata utilità terapeutica per il paziente.
All’articolo 15, comma 2, della legge n. 206 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “I benefici di cui alla presente legge si applicano anche agli eventi verificatisi all’estero a decorrere dal 1° gennaio 1961, dei quali sono stati vittime cittadini italiani residenti in Italia al momento dell’evento.” In sostanza, anche i benefici dovuti agli eventi verificatisi all’estero, già riconosciuti dal 1° gennaio 2003, sono ora attribuiti dalla medesima data prevista per gli eventi verificatisi sul territorio nazionale (1° gennaio 1961).

12) recupero dei contributi sospesi a seguito di eventi calamitosi (art. 2, commi da 107 a 116)
Il recupero dei contributi sospesi a seguito di eventi calamitosi sarà oggetto di apposita nota operativa a cura della Direzione Centrale delle Entrate e Posizione Assicurativa cui si rinvia.

13) riduzione del periodo di collocamento fuori ruolo dei professori universitari ordinari e associati (articolo 2, comma 116)
La disposizione contenuta nel comma in esame abolisce il fuori ruolo dei professori universitari: prevede, infatti, la riduzione a due anni del periodo di fuori ruolo a far data dal 1° gennaio 2008 e ad un anno dal 1° gennaio 2009. In sostanza, l’abolizione del fuori ruolo comporta per i docenti in ruolo alla data dell’11 marzo 1980 (d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382) il pensionamento a 72 anni di età per i professori ordinari e a 67 anni di età per gli associati, vale a dire dopo l’eventuale biennio di ulteriore servizio che il docente può richiedere (art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503).

14) Disposizioni in materia di adozioni e affidamenti artt. 26 e 36 del Dlgs. 151/01 ( art. 2, commi da 452 a 456)
Come è noto l’art. 26 del Dlgs 151/01 disciplina il congedo di maternità, richiesto dalla lavoratrice che abbia adottato o ottenuto in affidamento un bambino di età non superiore a sei anni all’atto dell’adozione o affidamento, e le relative modalità di fruizione. L’art. 2, comma 452, della Finanziaria sostituisce l’art. 26 prevedendo che il congedo di maternità, nei casi di adozione e affidamento, è esteso di 2 mesi (passando da 3 a 5 mesi), differenziando le relative modalità di fruizione tra adozioni nazionali (primi 5 mesi dall’ingresso del minore in famiglia) ed adozioni internazionali (anche durante il periodo di permanenza all’estero).
L’art. 36 del Testo unico 151/01 viene sostituito dall’art. 2, comma 455, che amplia le modalità di fruizione dei congedi parentali. Sono aboliti inoltre i limiti di età del minore (da 12 a 18 anni) ed è aumentato il periodo d’ingresso in famiglia, entro il quale si può fruire del congedo parentale (dai primi 3 mesi a 8 anni), purché non oltre il 18° anno di età. Resta ferma la corresponsione della relativa indennità entro i primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia. Sono conseguenti i riflessi contributivi derivanti dall’applicazione delle innovate disposizioni normative.

15) interpretazione autentica degli articoli 25 e 35 del Dlgs 151/2001 (articolo 2, comma 504)
Gli artt. 25 e 35 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 disciplinano, come è noto, la copertura contributiva, utile ai fini del trattamento di quiescenza, dei periodi di maternità intervenuta al di fuori del rapporto di lavoro. A tale proposito, si ricorda che i periodi corrispondenti al congedo per maternità (già astensione obbligatoria) sono riconosciuti attraverso l’istituto della contribuzione figurativa (art. 25), mentre quelli relativi al congedo parentale (già astensione facoltativa) sono valorizzabili attraverso l’istituto del riscatto (art. 35).
Il legislatore con il comma in esame ha fornito l’interpretazione autentica dei citati artt. 25 e 35 del Dlgs. n. 151/2001, chiarendo che dette norme si applicano esclusivamente agli iscritti che a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (27 aprile 2001), abbiano in servizio presentato la relativa domanda. Tale interpretazione conferma peraltro l’operato dell’Istituto (cfr. Informativa n. 8/2003 della Direzione Centrale Entrate).
Il legislatore ha comunque fatto salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati in data anteriore al 1° gennaio 2008.

16) proroga dei contratti di formazione e lavoro presso le amministrazioni pubbliche (art. 3, comma 100)
I contratti di formazione e lavoro stipulati con le PP.AA., di cui al comma 528 dell’art. 1 della legge 27/12/2006 n. 296 sono prorogati di diritto al 31/12/2008 se non sono stati convertiti entro il 31/12/2007.

B) Disposizioni del Decreto Legge n. 248/2007

a) divieto di estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato (art. 25)
Il divieto di estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, già fissato al 31 dicembre 2007 dall’articolo 1, comma 132, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è prorogato al 31 dicembre 2008.
Ne consegue, in via generale, che le sentenze passate in giudicato pronunciate da qualsiasi organo giurisdizionale non possono essere estese a fattispecie estranee a quelle dedotte in giudizio, ostandovi sia il principio di carattere generale del limite soggettivo della cosa giudicata, sancito dall’art. 2909 c.c., che l’insuperabile impedimento della mancanza di copertura finanziaria, giusta l’art. 11-ter, comma 7, introdotto nella legge 5 agosto 1978, n. 468 dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.

b) attività lavorativa svolta dai figli inabili, avente finalità terapeutica (art. 46)
L’art. 8 della legge 12 giugno 1984, n. 222 stabilisce, come è noto, che ai fini dell’applicazione degli articoli 21 e 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e successive modificazioni ed integrazioni, si considerano inabili le persone che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Al riguardo, si informa che con l’articolo in esame il legislatore, dopo il comma 1 della riferita legge n. 222/1984, ha aggiunto i seguenti commi:
“1-bis. L’attività svolta con finalità terapeutica dai figli riconosciuti inabili, secondo la definizione di cui al comma 1 con orario non superiore alle 25 ore settimanali, presso le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e presso datori di lavoro che assumono i predetti soggetti con convenzioni di integrazione lavorativa, di cui all’articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, non preclude il conseguimento delle prestazioni di cui al citato articolo 22, comma 1, della legge 21 luglio 1965, n. 903.
1-ter. L’importo del trattamento economico corrisposto dai datori di lavoro ai soggetti di cui al comma 1-bis non può essere inferiore al trattamento minimo delle pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti incrementato del 30 per cento.
1-quater. La finalità terapeutica dell’attività svolta ai sensi del comma 1-bis è accertata dall’ente erogatore della pensione ai superstiti.
1-quinquies. OMISSIS.”
In sostanza, l’attività svolta da soggetti inabili presso i cosiddetti laboratori protetti, vale a dire le cooperative sociali che svolgono attività finalizzate all’inserimento lavorativo delle predette persone (cfr. art. 4 della legge n. 381/1991) non costituisce elemento ostativo alla concessione della pensione ai superstiti a tali soggetti che devono considerarsi “persone svantaggiate”. L’attività svolta ai sensi del riferito articolo 4 deve essere intesa come “attività con funzione occupazionale/terapeutica ai fini della socializzazione degli interessati e dello sgravio della famiglia dagli obblighi di sorveglianza” (circolare INPS n. 137/2001).

mercoledì 6 febbraio 2008

Sent. Corte di Cassazione 7 novembre 2007, n. 40891

Sent. Corte di Cassazione 7 novembre 2007, n. 40891
Cambio di mansioni senza rispettare le norme contrattuali - Mobbing

Fatto e diritto
1. Con sentenza in data 30.10.2003, il Tribunale di Lecce dichiarava Colazzo Walter colpevole del reato di cui agli artt. 81 c.p.v. e 323 c.p. (commesso in Scorrano il 15.9.1997) e, in concorso con le riconosciute attenuanti generiche, lo condannava alla pena - sospesa - di un anno di reclusione.
All'affermazione di responsabilità seguiva la condanna al risarcimento del danno - da liquidarsi in separato giudizio - e alla rifusione delle spese processuali in favore di Costa Maria Rosaria, costituitasi parte civile.
Al Colazzo veniva addebitato di avere, quale Sindaco del Comune di Scorrano, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, abusato della sua qualifica e del suo ufficio, adottando tre provvedimenti con cui si disponeva che la sig.ra Costa Maria Rosaria, dipendente del Comune di Scorrano con la VI qualifica funzionale e le mansioni di coordinatrice economa dell'asilo nido comunale, fosse destinata a svolgere le mansioni di "prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta", in violazione dell'art. 17, commi 132-133 L. n. 127/97, della Circolare ministeriale n. 300/A 26467/110/26 del 25.9.97, esplicativa del citato art. 17, commi 132-133 e dell'art. 56 D, Lvo n. 29/93 (oltre che dell'art. 7 C.C.N.L. approvato con DPR 593/93) per avere egli, prima di pervenire all'individuazione della Costa quale destinataria dei citati provvedimenti, omesso di procedere ad una comparazione fra il personale dipendente di pari qualifica, nonché di valutarne preventivamente l'idoneità e l'indispensabile qualificazione professionale, così recando un ingiusto danno alla nominata Costa, destinata allo svolgimento di mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali era stata assunta e "costretta ad esercitare un lavoro all'aperto più gravoso rispetto a quello esercitato in precedenza".

2. Su gravame dell'imputato, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data 23.9.2005, depositata il 12 gennaio 2007, confermava l'impugnata decisione.
Ritenevano i giudici del merito la ricorrenza del reato contestato, sulla base del comportamento vessatorio e persecutorio - ritenuto ampiamente provato - posto in essere dal Colazzo nei confronti della Costa, all'uopo osservando:
- la Costa, dipendente di VI livello con funzioni di coordinatrice economa dell'asilo nido comunale, venne, di punto in bianco, senza alcun provvedimento formale, spostata di sede e gradatamente esautorata delle sue funzioni e costretta a svolgere mansioni appartenenti a qualifiche inferiori: tale comportamento si riteneva di per sé bastevole ad evidenziare l'atteggiamento tenuto nei confronti della Costa dal Colazzo, fin dagli inizi della sua esperienza sindacale (l'imputato era stato eletto sindaco nel novembre 1993 e il provvedimento nei confronti della Costa risaliva al 2 febbraio 1994) culminato, poi, nei tre provvedimenti oggetto del processo;
- la Costa fu destinataria dei provvedimenti adottati dal Colazzo ai sensi dell'art. 17 L. 127/97, ma nessuno dei testi escussi (meno che mai i segretari comunali succedutisi presso il Comune di Scorrano), avevano saputo riferire come mai si fosse giunti ad individuare nella "direttrice dell'asilo nido", dipendente di VI livello, la persona più adatta a svolgere le mansioni di ausiliario del traffico (senza alcuna preventiva visita medica e senza alcuna preventiva riqualificazione professionale, in spregio alla circolare ministeriale 25.9.1997);
- ulteriore manifestazione di umiliazione e dequalificazione professionale della Costa, era dato constatare dalla circostanza che dopo l'ennesima visita collegiale che aveva certificato l'idoneità della predetta alle mansioni per cui era stata assunta, la medesima venne restituita all'asilo nido senza che, tuttavia, ne venissero precisate le mansioni da svolgere e che non furono, di certo, quelle per cui era stata assunta.
Tali emergenze fattuali inducevano i giudici del merito a ravvisare nella condotta del Colazzo, gli estremi del mobbing, rilevabili in quei comportamenti con cui il datore di lavoro o il superiore gerarchico esercita una sorta di terrorismo psicologico (fatto di vessazioni, umiliazioni, dequalificazioni professionali, eccessivo ricorso alle visite mediche di controllo anche a fronte di referti confermativi della patologia denunciata dal lavoratore, ecc.), nei confronti di uno o più dipendenti, così da coartarne o piegarne la volontà e che sovente è causa di gravi patologie interessanti la sfera neuropsichica del soggetto esposto.
Tale conclusione - oltre che utile a lumeggiare la personalità dell'imputato posta in stretta connessione con i tre provvedimenti adottati dal Colazzo fra il 15.9.97 ed il 31.1.98 e indicati nel capo di imputazione - valeva ad integrare, alla stregua della valutazione espressa in sede di merito, il contestato reato di abuso d'ufficio.
Ritenuta la fondatezza delle doglianze della Costa e la non legittimità dei provvedimenti adottati dal Colazzo nei confronti della predetta (sia perché non rispettosi del disposto di cui all'art. 56 d. L.vo n. 29/93 - cui l'art. 17 L. 127/97 va necessariamente raccordato - non risultando evidenziate le ragioni sulla base delle quali fu individuata proprio la Costa, piuttosto che altri dipendenti comunali, a svolgere le mansioni di ausiliario del traffico, sia perché, come detto, questi costituirono il suggello di tutta una serie di condotte "mobbizzanti", tese a dequalificare professionalmente la parte lesa), veniva ravvisato un comportamento da parte del Colazzo idoneo ad integrare altresì l'illecito di cui all'art. 2043 c.c., non potendosi dubitare che la descritta condotta del pubblico ufficiale avesse prodotto un evidente danno alla parte lesa, costituito dalla dequalificazione professionale conseguente all'esercizio di mansioni inferiori rispetto a quelle di appartenenza, da cui è derivata una serie patologia neuro-psichiatrica, analiticamente descritta dal dott. Tornesello, consulente della parte civile (in cui si evidenzia come la sintomatologia lamentata dalla Costa - puntate ipertensive, tachicardia, stato d'ansia, agitazione e tensione emotiva - fosse dovuta allo stato di stress derivatole dai fatti oggetto di giudizio).
Da tali emergenze fattuali si è, quindi, dedotto il convincimento che il Colazzo intese recare intenzionalmente pregiudizio alla parte lesa, "coprendo" tale condotta sotto supposte (ma non provate) ragioni di interesse pubblico. Di qui la sussistenza del dolo, nei termini di cui all'art. 323 c.p.

3. Con il proposto ricorso per cassazione, l'imputato, a mezzo dei difensori avv.ti Pietro Quinto e Luigi Corvaglia, denuncia:
- violazione dell'art. 606, co. 1, lett. b) ed e), in relazione all'art. 323 c.p.
Si eccepisce che, in applicazione della normativa vigente, il provvedimento sindacale n. 12082 del 15.9.97 che, con adeguata motivazione, disponeva che la sig.ra Costa Maria Rosaria fosse destinata dal 16.9.97 al 29.9.97 a svolgere mansioni di "prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta" è un atto amministrativo legittimo e conforme alla legge, in quanto detta normativa consentiva di adibire il dipendente a svolgere occasionalmente e ove possibile con criteri di rotazione, compiti o mansioni immediatamente inferiori..., senza che ciò comportasse alcuna variazione del trattamento economico.
Si richiama che, a seguito dell'indagine integrativa disposta dal Gup, ai sensi dell'art. 421 c.p.p., veniva acquisita una nota redatta dalla segreteria comunale di Scorrano, dalla quale si evince che, tra i dipendenti con la VI qualifica funzionale, l'unica che potesse essere destinata a svolgere le funzioni di ausiliaria del traffico era la sig.ra Costa Maria Rosaria, talché non poteva essere adottato il criterio della rotazione essendosi la stessa Costa sottratta all'espletamento del servizio.
Comunque, non è da ritenersi configurabile, il delitto di cui all'art. 323 c.p. allorché sussista la violazione di un contratto collettivo applicabile ai rapporti di pubblico impiego (Cass., Sez. VI, 3.11.2005, n. 13511), per mancanza del presupposto necessario della "violazione di legge o di regolamento".
Peraltro, tutti i provvedimenti che hanno interessato la sig.ra Costa e che sono stati oggetto di imputazione, sono stati adottati in forma scritta e puntualmente motivati, mentre non può ritenersi integrata la violazione dell'obbligo di motivazione, entrando nel merito della stessa al fine di condividerla o meno, poiché in tal modo si travalica il compito consentito al giudice penale, al quale compete solo l'accertamento dell'esistenza della motivazione e non la "qualità della stessa".
In conclusione, la condotta del ricorrente, nell'adozione degli atti amministrativi indicati nel capo d'imputazione, è da ritenersi legittima e conforme alle norme di legge regolanti la materia, talché nella fattispecie non può ravvisarsi il dolo come richiesto dall'art. 323 c.p.

4. Il reato ascritto all'imputato - abuso d'ufficio continuato - va dichiarato estinto per prescrizione, per essere decorso dal tempus commissi delicti (15.9.1997) il termine previsto dalla legge, non sussistendo i presupposti per il proscioglimento nel merito, ex art. 129 co. 2 c.p.p. - come difensivamente richiesto - poiché dagli atti non risulta "evidente" che il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Osserva il Collegio: la censura mossa dal ricorrente alla sentenza impugnata è che la condotta posta in essere dall'imputato, nella sua veste di pubblico ufficiale (quale Sindaco del Comune di Scorrano), nei confronti della dipendente comunale Costa Maria Rosaria, non possa sussumersi nella fattispecie delittuosa, ex art. 323 c.p., non avendo in alcun modo inciso sul buon funzionamento e imparzialità dell'azione amministrativa, in quanto non in contrasto con norme "specificamente mirate ad inibire o prescrivere la condotta stessa", norme che, comunque, non presenterebbero i caratteri formali e il regime giuridico della legge o dei regolamenti.
Tale assunto non può ritenersi fondato, in quanto le risultanze processuali evidenziate nelle decisioni di merito, attestano inequivocamente la ricorrenza degli elementi costitutivi del contestato reato di abuso d'ufficio.
Quanto alla violazione delle norme di legge, il demansionamento della dipendente comunale Costa Maria Rosaria da economo e ragioniere presso l'asilo nido di Scorrano, a mansioni di "prevenzione e di accertamento delle violazioni in materia di sosta", appare essere stato adottato dal Sindaco Colazzo in evidente violazione del disposto dell'art. 56 D.L.vo n. 29/93 sui dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni e dell'art. 7 CCNL dei dipendenti degli enti locali recepito nel D.P.R. n. 593/93. Pur consentendo tali norme che un dipendente possa essere adibito a svolgere compiti di qualifica immediatamente inferiore, ne evidenziano, tuttavia, l’occasionalità di tale destinazione e la possibilità che ciò avvenga con criteri di rotazione.
Tale ratio legis risulta inosservata dal Sindaco Colazzo:
- per non avere dato conto con adeguata motivazione dei criteri d'individuazione del dipendente da demansionare, sia pure occasionalmente;
- per aver omesso di prevedere una rotazione per tutti i dipendenti astrattamente idonei ad essere nominati;
- per aver omesso di motivare sulle cause che hanno reso impossibile il ricorso a tali canoni di comportamento espressamente richiamati dalla legge.
Quanto all'elemento soggettivo del reato, l'avverbio intenzionalmente, che figura nel testo della norma incriminatrice, esclude la configurabilità del dolo sotto il profilo indiretto od eventuale; e richiede che l'evento costituito dall'ingiusto vantaggio patrimoniale o dal danno ingiusto sia voluto dall'agente e non già semplicemente previsto ed accettato come possibile conseguenza della propria condotta, in ipotesi diretta ad un fine pubblico, sia pure perseguito con una condotta illegittima. Ciò, beninteso, a patto che il perseguimento di tale fine non rappresenti un mero pretesto, col quale venga mascherato l'obiettivo reale della condotta.
Ne deriva che, per escludere il dolo sotto il profilo dell’intenzionalità, occorre ritenere, con ragionevole certezza, che l'agente si proponga il raggiungimento di un fine pubblico, proprio del suo ufficio. Un'ipotesi del genere, in subiecta materia, è stata motivatamente esclusa dai giudici del merito, che hanno ritenuto indubbia la ricorrenza dell’intenzionalità dell'abuso in danno, sia per quanto dianzi rilevato, sia perché la reiterata condotta del Sindaco Colazzo a destinare persistentemente la Costa, piuttosto che altri dipendenti comunali, a svolgere le mansioni di ausiliario del traffico, appaiono costituire il suggello di tutta una serie di elementi caratterizzanti quel fenomeno sociale noto come mobbing, consistente in atti e comportamenti posti in essere dal datore di lavoro o dal superiore gerarchico che mira a danneggiare il dipendente, così da coartarne o da piegarne la volontà: comportamenti tesi, nella fattispecie, a dequalificare professionalmente la parte lesa, tali da concretare oltre che il reato di abuso d'ufficio in danno di costei, da integrare, altresì, l'illecito di cui all'art. 2043 cod. civ., essendo derivata, quale ulteriore conseguenza di detti comportamenti "mobbizzanti" del Colazzo, una seria patologia neuro-psichiatrica a carico della Costa: attività amministrativa illegittima, dunque, da cui è derivata, in una con la lesione dell'interesse legittimo in sé considerato, quella dell'interesse al bene della vita, che risulta meritevole di protezione, con conseguente risarcibilità del danno causato (cfr: Cass., Sez. VI, 24 febbraio 2000, Genazzani).
Per quanto sopra va disposto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.
Il ricorrente va, altresì, condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in questo grado di giudizio, spese che vengono liquidate in complessivi euro 2.168,44, oltre Iva e Cpa.
PQM
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in questo grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.168,44, oltre Iva e Cpa.

martedì 5 febbraio 2008

Sent. Corte di Cassazione, sez. trib., 10 dicembre 2007 , n. 25799

Sent. Corte di Cassazione, sez. trib., 10 dicembre 2007 , n. 25799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLINI Giovanni - Presidente -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. MARIGLIANO Eugenia - Consigliere -
Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere -
Dott. GENOVESE Francesco Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza sul ricorso proposto da:
società AEM Spa, in persona del Presidente p.t., elettivamente dom. in Roma, via della Scrofa n. 57, presso lo studio dell'avv. Pizzonia Giuseppe, che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Dario Romagnoli; - ricorrente -
contro
Comune di Cassano d'Adda, in persona del Sindaco p.t., el. dom. in Roma, via Crescenzio n. 91, presso lo studio dell'avv. Lagozino Nicola, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti,
unitamente all'avv. Prof. Francesco Tesauro del foro di Milano; - controricorrente -
avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Lombardia n. 99/35/05 depositata il 22 giugno 2005;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2007 dal Relatore Francesco Antonio Genovese;
Lette le conclusioni scritte del P.M.

Fatto
- che la società AEM Spa ha impugnato l'avviso di irrogazione delle sanzioni per l'omessa presentazione della dichiarazione/denuncia Ici, per l'anno 1996, in relazione all'immobile sito nel territorio del comune di Cassano d'Adda, adibito all'attività di produzione di energia elettrica;
- che le sanzioni sono state irrogate nella misura del 70% dell'imposta accertata con l'avviso di accertamento e liquidazione, notificato contestualmente all'avviso di irrogazione delle sanzioni, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14;
- che la CTP ha accolto il ricorso per difetto di motivazione;
- che il Comune ha proposto appello, accolto dalla CTR della Lombardia;
- che, avverso tale decisione, la società AEM Spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo;
- che il Comune resiste con controricorso;
- che, con il primo motivo di ricorso (con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 - bis, e difetto assoluto di motivazione), la ricorrente sostiene che la CTR avrebbe errato in ordine al non rilevato (ma denunciato) difetto di motivazione dell'avviso di irrogazione delle sanzioni;
- che, con il secondo motivo di ricorso (con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), e vizi di motivazione), la ricorrente sostiene che la CTR avrebbe errato in ordine al disconoscimento, presupposto, della esenzione dall'Ici, in quanto la società, a seguito della sua costituzione, avrebbe goduto - per il primo triennio - del medesimo regime fiscale spettante al Comune e gli immobili sarebbero stati destinati in via esclusiva a compiti istituzionali, ossia a servizio pubblico locale, come tali esenti dall'Ici;
- che, inoltre, la pretesa fiscale recata dall'avviso di irrogazione delle sanzioni riguarderebbe "prevalentemente il periodo di possesso degli immobili da parte del Comune di Milano, il quale, comunque, non beneficiava del regime di moratoria" (p. 30);
- che, con il terzo motivo di ricorso (con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8), la ricorrente sostiene che la CTR avrebbe errato in ordine alla non rilevata (ma denunciata) situazione di obiettiva incertezza escludente l'irrogazione delle sanzioni, in considerazione della mancanza di interpretazioni ufficiali da parte dell'Amministrazione e di contrastanti pronunce avutesi successivamente, nella giurisprudenza di merito;
- che, rispetto a tali doglianze, il P.G. ha chiesto che la Corte, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., respinga il ricorso per essere manifestamente infondato.

Diritto
- che tale conclusione deve essere condivisa;
- che, con il primo motivo di ricorso, si prospettano, anche in maniera non autosufficiente, questioni inammissibili in questa sede, riguardanti le valutazioni compiute dalla CTR circa la sufficiente motivazione del provvedimento amministrativo sanzionatorio;
- che, in ordine al secondo motivo di ricorso, questa Corte ha già avuto modo (con la sentenza n. 8450 del 2005) di enunciare il principio secondo cui: "In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. a), ne stabilisce l'esenzione per gli immobili posseduti dallo Stato e da altri enti pubblici ivi elencati, purchè "destinati esclusivamente ai compiti istituzionali", condizione il cui onere della prova incombe, secondo i principi generali, al contribuente che richieda il beneficio. E' peraltro errato identificare il concetto di "finalità istituzionali", che sono proprie dell'ente locale e che costituiscono la ragion d'essere dello stesso, con quello di "servizio pubblico", che può essere svolto anche per tramite di altri soggetti di natura privata, quali le aziende municipalizzate o altri enti o società che (come nel caso di specie) forniscono energia elettrica. Dette forniture, sia pure costituenti servizi per il pubblico, non possono essere ricomprese tra i compiti istituzionali che hanno una propria differenziata connotazione e le imprese che le assicurano, quali esercenti attività commerciali, non hanno ragione di godere esenzioni";
- che a tale principio, che comporta l'infondatezza delle doglianze, va data continuità, anche in questa sede, non emergendo dal ricorso ragioni che ne impongono la revisione;
- che, a tal proposito, non occorre neppure dilungarsi sui profili di diritto comunitario riguardanti il contrasto dell'esenzione triennale dall'imposta, in quanto illegittimo aiuto di Stato, atteso che le sanzioni in esame sono state irrogate in relazione all'anno d'imposta 1996 in cui l'immobile, per espressa ammissione della società, era nel possesso del Comune di Milano;
- che, comunque, tali censure non sono state neppure allegate con modalità autosufficienti, non essendosi indicato come, dove e quando esse siano state poste nel corso del giudizio di merito e quali conseguenze favorevoli, ove fondate, esse avrebbero comportato per la società ricorrente, successore di quel Comune - nel dicembre 1996 - nella posizione debitoria lei; che il terzo motivo di ricorso è infondato, atteso che, da un lato, non sono state precisate le norme tributarie oggetto dell'incerta interpretazione e, da un altro, nè le valutazioni, compiute dal giudice di merito, per escludere la situazione di obiettiva incertezza, sono efficacemente censurate attraverso l'allegazione di contrasti interpretativi complessi, rilevanti e obiettivi;
- che, in conclusione, il ricorso deve essere respinto e le spese di causa, liquidate come da dispositivo, poste a carico della soccombente.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 900,00 di cui Euro 800,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione tributaria della sezione tributaria, il 22 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2007

lunedì 4 febbraio 2008

Ris. Agenzia delle Entrate 31 gennaio 2008, n. 1

Ris. Agenzia delle Entrate 31 gennaio 2008, n. 1
Imposta comunale sugli immobili (ICI). Articolo 1, commi 5 e 7 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Ulteriore detrazione per abitazione principale. Quesiti

Con i quesiti in oggetto si chiedono chiarimenti in merito all'applicazione, in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI), dell'ulteriore detrazione per l'abitazione principale prevista dal comma 2-bis dell'art. 8 del D. Lgs. 30 dicembre 1992. n. 504, introdotto dall'art. 1, comma 5, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Detta disposizione stabilisce che ''dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detrae un ulteriore importo pari all'1,33 per mille della base imponibile di cui all'articolo 5. L'ulteriore detrazione, comunque non superiore a 200 euro, viene fruita fino a concorrenza de! suo ammontare ed è rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae la destinazione di abitazione principale. Se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alia quota per la quale la destinazione medesima si verifica".
In particolare, si vuole conoscere, preliminarmente, se la suddetta detrazione va ad aggiungersi alla sola detrazione, pari a euro 103,29, stabilita dall'art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 - il quale prevede che "dalla imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica. si detraggono, fino a concorrenza dei suo ammontare, lire 200.000 rapportate al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione,..". - o anche alle maggiori detrazioni deliberate dai comuni in luogo o in aggiunta a quella base di euro 103,29.
Si deve a questo proposito rammentare che i comuni, nell'esercizio della loro potestà regolamentare, possono stabilire detrazioni per l'abitazione principale di maggior entità, elevando, di conseguenza, l'importo della detrazione di euro 103,29.
Lo stesso art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992, consente di elevare l'importo della detrazione fino ad euro 258,23, oppure ridurre fino al 50% l'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
Inoltre, l'art. 58, comma 3, del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, prevede che, "limitatamente all'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, la detrazione di cui all'articolo 8, comma 3" può essere stabilita in misura superiore a euro 258,23 e fino a concorrenza dell'imposta dovuta. In quest'ultimo caso, però, il comune che ha adottato detta deliberazione non può stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione del contribuente.
Pertanto, sia nel caso in cui il comune abbia deliberato una detrazione di maggiore importo e sia nell'ipotesi in cui l'ente abbia deliberato una detrazione che va ad aggiungersi alla detrazione di base prevista dall'art. 8, comma 2, del D. Lgs. n. 504 del 1992, la detrazione per abitazione principale da prendere in considerazione è quella che il comune riconosce di fatto al contribuente.
Nella prima ipotesi, infatti, la detrazione di euro 103,29 stabilita dalla legge viene assorbita da quella deliberata dal comune, mentre nel secondo caso quella deliberata va ad aggiungersi alla detrazione base prevista dall'art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 ed in tal modo la sostituisce completamente, costituendo, quindi, l'unica detrazione da utilizzare per il calcolo dell'imposta dovuta.
In ultima analisi ed a mero titolo esemplificativo, sia che il comune abbia deliberato una detrazione per abitazione principale elevando l'importo di quella di base ad euro 160 e sia che abbia deliberato una detrazione di euro 56,71 in aggiunta a quella di base di euro 103,29, la detrazione per abitazione principale di cui il contribuente può fruire è in entrambi i casi pari a euro 160.
Conseguentemente, l'ulteriore detrazione di cui al comma 2-bis dell'art. 8 in esame, va a sommarsi, a seconda che il comune abbia o meno esercitato la propria potestà regolamentare, o a quella risultante dall'applicazione della detrazione prevista dal comma 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992 o a quella che l'ente locale riconosce come detrazione per abitazione principale.
Non bisogna, infatti, prescindere dalla circostanza che la nuova ulteriore detrazione è assoggettata ad un regime del tutto autonomo, come si evince anche dal contenuto del successivo comma 2-ter, che esclude dal beneficio in parola le abitazioni classificate nelle categorie catastali A1, A8 ed A9. Il regime speciale di quest'agevolazione è rinvenibile anche dal fatto che la perdita di gettito che ne consegue è direttamente rimborsata dallo Stato con le modalità previste dall'art. 1, commi 7 e 287, della legge n. 244 del 2007.
Pertanto, dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale si deve sottrarre prima l'importo della detrazione che il comune ha riconosciuto complessivamente al contribuente per quella tipologia di immobile e, solo se si verificano le condizioni stabilite per l'applicazione dell'ulteriore detrazione statale, si deve sottrarre l'importo aggiuntivo pari all'1,33 per mille della base imponibile dell'unità immobiliare in esame, comunque entro il limite dei 200 euro.
Ai fini di una trattazione completa della disciplina innovativa introdotta dal comma 2-bis, è opportuno evidenziare che, in base a quanto disposto dal comma 4 dell'art. 8, del D.Lgs. n. 504 del 1992, l'ambito operativo dell'ulteriore detrazione in esame si estende, ope legis, anche alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità, istituiti in attuazione dell'art. 93 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
E' necessario, inoltre, ricordare che la lett. b), comma 6, dell'art. 1 della legge n. 244 del 2007, ha inserito il comma 3-bis nell'art. 6, del D.Lgs. n. 504 del 1992, per effetto del quale "il soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale, determina l'imposta dovuta applicando l'aliquota deliberata dal comune per l'abitazione principale e le detrazioni di cui all'articolo 8, commi 2 e 2-bis, calcolate in proporzione alla quota posseduta. Le disposizioni del presente comma si applicano a condizione che il soggetto passivo non sia titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale". Quest'ultima norma, peraltro, contiene una diversa regolamentazione in ordine alle modalità di applicazione della detrazione in questione, giacché questa si applica in proporzione alla quota di possesso e non a quella per la quale si verifica la destinazione ad abitazione principale, come, invece, prevedono i commi 2 e 2-bis dell'art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992.
Occorre, altresì, precisare che nella determinazione della base imponibile dell'abitazione principale, sulla quale calcolare l'ulteriore detrazione a carico del bilancio statale, deve essere incluso anche il valore delle sue eventuali pertinenze, ancorché distintamente iscritte in catasto, in quanto, per loro stessa natura, come dispone l'art. 817 del Codice Civile, queste sono assoggettate allo stesso trattamento dell'abitazione principale. Si ricorda, inoltre, che tale principio è stato espressamente chiarito dall'art. 30, comma 12, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, che ha stabilito che fino all'anno di imposta 2000 compreso, l'aliquota ridotta deliberata dai comuni per gli immobili adibiti ad abitazione principale "si applica soltanto agli immobili adibiti ad abitazione principale, con esclusione di quelli qualificabili come pertinenze, ai sensi dell'articolo 817 del codice civile".
In merito, poi, al computo della detrazione per le pertinenze, si richiama quanto illustrato nella circolare n. 23/E dell'11 febbraio 2000, nella parte in cui precisa che "l'ammontare della detrazione se non trova totale capienza nell'imposta dovuta per l'abitazione principale deve essere computato, per la parte residua, sull'imposta dovuta per le pertinenze".
E’ opportuno chiarire che le pertinenze da tenere in considerazione sono quelle che il regolamento comunale considera come tali ai fini ICI, poiché, come anche affermato dal Consiglio di Stato, nel parere n. 1279/98 del 24 novembre 1998, la possibilità per i comuni di introdurre norme integrative o anche eventualmente derogatorie rispetto alle disposizioni generali del Codice Civile non si pone affatto in contraddizione con le stesse. Occorre, difatti, rilevare che l'art. 818 del Codice Civile nello stabilire che "gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto", lascia spazio ad una specifica deroga al criterio generale fissato dal precedente art. 817 ad opera di una norma positiva.
Si chiede, inoltre, di conoscere se l'ulteriore detrazione statale stabilita dal comma 2-bis dell'art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, possa essere applicata anche alle abitazioni che il comune può assimilare alle quelle principali, in base:
• all'art. 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che permette di assimilare all'abitazione principale l'unità immobiliare posseduta, a titolo di proprietà o di usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata;
• all'art. 59, comma 1, lettera e), del D. Lgs. n. 446 del 1997, che attribuisce agli enti locali la possibilità di assimilare all'abitazione principale dell'immobile quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela.
Al riguardo, si precisa che la ratio dell'intervento legislativo in esame non consente di ricomprendere tra "l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo", anche le suddette tipologie di abitazioni che sono assimilate dal comune a quelle principali.
L'intento perseguito dal legislatore, infatti, è quello di ridurre la pressione fiscale relativa all'ICI gravante sul soggetto passivo titolare di abitazione principale da lui stesso "adibita" a tale funzione specifica, mentre l'assimilazione rappresenta un processo posto in essere dal comune nell'ambito della propria politica tariffaria, che risulta del tutto ininfluente ai fini dell'applicazione della norma in esame. Pertanto, rientrano nell'ambito dell'applicazione dell'ulteriore detrazione solo quelle unità immobiliari per le quali il legislatore ha espressamente esteso la disciplina dell'abitazione principale, vale a dire quelle contemplate dall'art. 8, comma 4, e dall'art. 6, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 504 del 1992.
Occorre evidenziare che, in ogni caso, l'ulteriore detrazione del comma 2-bis non può comunque essere superiore a 200 euro, fermo restando che l'importo totale delle detrazioni può essere usufruito fino a concorrenza dell'imposta dovuta per l'abitazione principale.
È stato, inoltre, formulato un ulteriore quesito relativo alle modalità di calcolo e di versamento dell'imposta, con il quale si chiede se l'ulteriore detrazione potrà essere già computata in sede di versamento dell'acconto dell'imposta dovuta per l'anno 2008, e, quindi, entro il 16 giugno, ovvero esclusivamente in occasione del pagamento del saldo, vale a dire dal 1° al 16 dicembre dell'anno 2008.
Il problema nasce dal fatto che l'art. 10, comma 2, del D. Lgs. n. 504 del 1992, dispone che i soggetti passivi devono effettuare "il versamento dell'imposta complessivamente dovuta al comune per l'anno in corso in due rate delle quali la prima, entro il 16 giugno, pari al 50 per cento dell'imposta dovuta calcolata sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente. La seconda rata deve essere versata dal 1° al 16 dicembre, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata."
L'applicazione puntuale di questa disposizione non consentirebbe, invero, ai contribuenti di usufruire dell'ulteriore detrazione in fase di versamento dell'acconto, ma solo in sede del saldo.
Ciò potrebbe, però, determinare una situazione di irragionevolezza, poiché al contribuente verrebbe imposto l'onere di anticipare degli importi che potrebbero risultare addirittura superiori a quelli dovuti per l'annualità di riferimento, con conseguente riconoscimento del diritto al rimborso.
Pertanto, attesa anche la finalità perseguita dal legislatore di alleggerire, a decorrere dal 2008, l'imposta dovuta per l'abitazione principale, la lettura sistematica delle norme sopravvenute - che assumono carattere innovativo rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di determinazione dell'acconto e del saldo ICI - porta a concludere che l'ulteriore detrazione si rende applicabile già in sede di versamento dell'acconto ICI.
Queste considerazioni sono confermate dal disposto del comma 7, dell'art. 1, della legge n. 244 del 2007, il quale prevede una stretta correlazione temporale tra le date fissate per il versamento dell'ICI e quelle per il trasferimento ai comuni, indipendentemente dalle modalità concrete di determinazione del predetto trasferimento compensativo, che risulta comunque ancorato alle aliquote ed alle detrazioni vigenti alla data del 30 settembre 2007, come stabilito dal comma 287 dell'art. 1 della legge n. 244 del 2007.
Il trasferimento compensativo di cui al citato comma 7 è, infatti, erogato "per una quota pari al 50 per cento dell'ammontare riconosciuto in via previsionale a ciascun comune entro e non oltre il 16 giugno e per il restante 50 per cento entro e non oltre il 16 dicembre dell'anno di applicazione del beneficio". Ciò sta a significare che il trasferimento deve essere supportato da una perdita di gettilo che si verifica proprio a seguito dell'utilizzazione, da parte dei contribuenti, dell'ulteriore detrazione. Non a caso il legislatore si è preoccupato di prevedere che i comuni incassino proprio in prossimità delle previste scadenze il mancato gettito che l'applicazione dell'ulteriore detrazione comporta.
È doveroso sottolineare che, in ordine al procedimento da seguire per la determinazione dell'ICI in acconto da parte del contribuente, fatta eccezione per le modalità di calcolo dell'ulteriore detrazione, restano ferme le disposizioni recate dal comma 2 dell'art. 10 del D.Lgs. n. 504 del 1992, che impongono al contribuente di tener conto dell'aliquota e delle detrazioni in vigore nell'anno precedente.
Non appare superfluo ricordare che il citato art. 10 fa in ogni caso salva "la facoltà del contribuente di provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno", applicando ovviamente in questo caso l'aliquota e le detrazioni stabilite per l'anno di riferimento e non quelle dell'anno precedente, come precisato nella circolare n. 3/FL del 7 marzo 2001.